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Un pellegrino: Carlo Borromeo

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 Guercino
 Un miracolo di San Carlo Borromeo

Nel 1575 papa Gregorio XIII promuove  l’undicesimo giubileo. Fu l’evento più importante del suo pontificato, e il momento di grande speranza per il ritorno dei protestanti alla chiesa cattolica. Il Concilio di Trento era stato impegnato ad  affrontare i problemi della dottrina e della pratica della chiesa, sollecitati dalla riforma protestante ma anche dalle esigenze interne della chiesa stessa, ma a sostenere le intenzioni di rinnovamento era necessario un nuovo anno santo  affinchè una nuova forza di devozione fosse di sostegno e testimonianza.
Il Giubileo medioevale cambia, e si apre un nuovo ciclo nella storia del Giubileo.
Il papa fece arrivare a Roma i migliori predicatori ed oltre al’intensa preparazione spirituale,  si occupò anche della parte pratica creando nuove regole edilizie che favorissero l' accoglienza per i pellegrini. Un prezioso contributo lo chiede all’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo con il quale aveva avuto modo di collaborare quando era cardinale.
L’otto dicembre 1574 Carlo Borromeo che aveva 37 anni accetta l’invito e come primo esempio parte per Roma da pellegrino.
La sua presenza a Roma aveva già avuto un ruolo importante. Il suo primo viaggio era stato nel 1560, dopo la salita al soglio pontificio di suo zio, il fratello della madre, Giovanangelo Medici di Marignano, papa Pio IV. Questo pontefice che si era distinto per la lotta al nepotismo facendo condannare a morte il nipote del suo predecessore, a sua volta però affidò e creò moltissimo potere per i suoi nipoti Carlo e Federico.
Carlo si era appena laureato a Pavia in diritto civile e canonico mentre il fratello Federico era il rappresentante del prestigio della famiglia Borromeo. Questo viaggio è raccontato dallo stesso Carlo come un evento e la grande accoglienza avuta al passaggio nelle città mentre il popolo correva curioso a vedere i nipoti del papa. Anche a  Roma i due fratelli sono accolti con tutti gli onori,  vengono introdotti negli ambienti della mondanità  pieni di feste con grande sfarzo.
Nel 1562 improvvisamente Federico muore e la famiglia  affida a Carlo il ruolo di testimone nonchè quello di non estinguere la dinastia. Il futuro santo invece sceglie di dedicarsi ad una vita diversa, quella dell'apostolato e presto diventa un prezioso collaboratore del papa. Avrà un compito importante nella nuova convocazione del Concilio di Trento.  
Nel 1563 viene ordinato prete e  in breve tempo è nominato Arcivescovo di Milano.
Questa nomina prestigiosa era stata data dal pontefice pur contando che il nipote rimanesse a Roma e continuasse a dargli la sua collaborazione, invece Carlo sente fortemente lo scrupolo dell'impegno verso la diocesi che gli era stata assegnata, quindi  lascia Roma, nonostante il disappunto del papa e parte per Milano.
E’ una mattina del primo settembre 1565, al suo seguito ci sono 150 persone e 70 carriaggi.
Il viaggio tocca i luoghi tradizionali della via Francigena, Viterbo, Bolsena, Siena e arriva a Firenze dove viene ospitato con tutti gli onori in Palazzo Vecchio. Prosegue poi per Bologna, l’abbazia di Nonantola, Modena, Correggio, Parma e Piacenza, visita  l’abbazia di Chiaravalle, dove si ferma in preghiera, e il 3 settembre 1565 fa il suo solenne ingresso a Milano.
Grande impegno e grandi cambiamenti nella chiesa milanese segnano il suo apostolato, promuove gli studi e comincia una moratoria nel clero, chiude chiese in cattivo stato si salute causando però anche perdita di preziosi beni artistici.
Rimane forte il ricordo del suo impegno e delle carità evangelica mostrata sia nell’anno della carestia che in occasione della peste. molte opere d'arte lo hanno dipinto in queste sue attività.
E’ proprio la sua fama di uomo caritatevole e operoso nei confronti della chiesa che rende necessaria e preziosa la sua presenza e testimonianza al nuovo giubileo per il quale lo chiama papa Gregorio XIII.
La sua partenza per Roma questa volta è da uomo di chiesa, da arcivescovo ma soprattutto da pellegrino.
Con un itinerario nuovo, accompagnato da un seguito ora più modesto di familiari e fedeli, parte a cavallo, alcuni tratti li percorre anche a piedi, facendo tappa nei monasteri e nelle chiese affrontando tutti i disagi da vero pellegrino.
Il suo passaggio è segnato alla Abbazia di Vallombrosa, all’eremo di Camaldoli, alla Verna e al Santuario di Montoliveto.
Giunto a Roma corona il suo pellegrinaggio con la visita alle chiese sempre camminando a piedi nudi ed in abito da pellegrino unendosi alla folla dei fedeli. Il suo compito si completa dedicandosi all’accoglienza dei pellegrini unendo la sua opera a quella di Filippo Neri e rimane a Roma per un mese.
Tornato a Milano continua la sua pratica di penitenza  e per concessione del Pontefice celebra il giubileo anche nella sua città. 

ancora pellegrino

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Carlo Borromeo tornerà in alcuni luoghi che lo avevano visto pellegrino nel 1579 in un momento in cui sente il bisogno di un periodo di raccoglimento.
E ancora in veste di pellegrino sarà quando, dopo la grave prova della peste degli anni 1576 -77, decide di recarsi a piedi a pregare presso la Sacra Sindone a Chambéry. La sua fatica fu però sollevata perché il 14 settembre 1578 la reliquia fu trasportata a Torino proprio per soddisfare il desiderio del vescovo.
Il 3 novembre del 1584, Carlo Borromeo muore  a 46 anni.
Fu canonizzato nel 1610.
Alessandro Manzoni  in un intero capitolo dei Promessi Sposi lo onora indirettamente attraverso il personaggio di suo nipote  il cardinale Federico Borromeo per il quale era stato guida ed esempio. 
Fu proprio il nipote chein occasione della beatificazione si occupò di ricordare i fatti più significativi  della vita del santo nei Teleri, una ventina di grandissimi quadri affidati ai migliori artisti del momento. Per la celebrazione avvenuta nel 1604, i Teleri vennero appesi nel Duomo di Milano nei sei intercolumni allora esistenti sui due lati della navata centrale e nei quattro estremi dei due bracci di capocroce. Successivamente il 4 novembre 1610, per la canonizzazione vennero esposti, sotto i Teleri della Vita, i quadri dei Miracoli: ventiquattro tele (m 2,40×3,60) affidate agli stessi pittori dei Teleri.
Ad Arona, luogo dove Carlo Borromeo morì, sul colle dove nel XVI secolo sorgeva il castello della Rocca Borromea, distrutta poi per ordine di Napoleone, c’è una grandissima statua in rame e bronzo che lo ricorda. E' una costruzione di 23 metri sopra un alto piedistallo, la seconda al mondo per altezza dopo la statua della libertà di New York. Il suo interno è visitabile e dalle finistre si può ammirare il bel panorama sul Lago Maggiore.
A Vienna nel 1714 l'Imperatore Carlo VI fece costruire una chiesa dedicata a San Carlo Borromeo, il' santo contro la peste'.
Ai lati della facciata due colonne sono a lui dedicate e rappresentando la virtù della costanza e del coraggio quella di destra.


 Le colonne dedicate a Carlo Borromeo a Vienna

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