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Eudocia  Augusta poetessa  e imperatrice


Una figura affascinante, un personaggio storico importante, un autrice di grande valore, tutto questo in una donna nata ad Atene nell’anno 400 d.C.. Paragonabile a poche altre figure femminili e circondata anche da quel tanto di mistero necessario, Eudocia è stata una donna molto colta, bellissima e non priva di quello spirito di iniziativa e di abilità necessario per aprirsi una strada. Aveva 21 anni quando diventò la moglie dell’imperatore Teodosio II rinunciando al suo nome di nascita che era Atenaide e, convertendosi al cristianesimo sotto la guida del vescovo di Bisanzio. Dopo due anni con la nascita della figlia Licinia Eudossia  ebbe dall'imperatore l il titolo di Augusta. Non solo una importante partecipazione alla vita politica e una certa influenza sul marito la rese attiva e preziosa ma la sua cultura si manifestò presto anche in opere letterarie di rilievo. Eudocia, da bambina Atenaide, era stata istruita da due insegnanti Iperechio e Orione sotto la guida del padre Leonzio che era un filosofo sofista.

La corte bizantina conobbe presto il suo talento con la sua prima opera, un poema celebrativo composto nel 422 per la vittoria di suo marito Teodosio II sui Persiani.  Poi nel 438 la sovrana per andare in pellegrinaggio a Gerusalemme si fermò ad Antiochia e per quella città compose un  memorabile elogio.

Molte altre sono le sue opere, una produzione quasi tutta perduta ma ripetutamente citata da varie fonti che ne testimoniano il valore. Fra questi particolare interesse sono i Centoni, un genere poetico quasi esclusivo di Eudocia, un lavoro che si basa sulla composizione di testi usando versi composti da altri poeti.

L' apertura culturale dell’imperatrice e l’educazione classica mai dimenticata  la fece partecipe nelle controversie che Nestorio  sosteneva contro Cirillo, e probabilmente fu questo il motivo per il quale nel 442 si trovò accusata di avere una relazione col magister officiorum Paolino e costretta ad andare in esilio a Gerusalemme.

Eudocia lasciò quindi Costantinopoli, la  città che per il suo impegno aveva di nuovo una università ( era stata  creata da Costantino I), con dieci cattedre di grammatica latina e dieci di greca, oltre a cinque corsi di retorica greca, tre di latina, due di diritto ed una di filosofia.

Privata della corte e con gli appannaggi ridotti ma mantenendo il titolo di Augusta Eudocia continuò la sua produzione poetica; al tempo stesso dette a Gerusalemme altre importanti energie. Fece costruire un palazzo episcopale, un ospizio presso il Santo sepolcro, la chiesa di S. Giovanni Battista, di S. Sofia al Pretorio, di S. Pietro al Palazzo di Caifa, la chiesa di Siloe e quella all’uscita del canale di Ezechia. Oltre al restauro delle mura e di molti palazzi  creò anche altre strutture nei dintorni di Gerusalemme. La città la considerò e la ricorda come una ‘seconda Elena’.

 Morì nel 460 e fu sepolta nella basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

La Chiesa ortodossa la venera come santa il 13 Agosto.

Le due imperatrici

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La figlia di Eudocia di nome Licinia Eudossia fu a sua volta Augusta dell'Impero romano d'Occidente, perché moglie dell'imperatore d'Occidente Valentiniano III.

Ebbe una vita piuttosto complicata proprio per i giochi di potere;  infatti il suo matrimonio  che avrebbe dovuto rafforzare il legame tra le due parti dell'impero, dopo la morte del marito continuò ad essere progettato per gli interessi politici.

Ma anche l’interesse per la religione fu importante per Licinia come lo era stato per sua madre.  Nel 442 ebbe dalla madre le catene che avevano imprigionato in carcere san Pietro.

Queste catene avute dal patriarca di Gerusalemme Giovenale furono portate a Roma per consegnarle al papa Leone I. Per la loro conservazione l’imperatrice Licinia fece costruire una basilica sull’Esquilino presso le Terme di Tito, San Pietro in Vincoli.

Una leggenda racconta che il papa nel ricevere le catene volle avvicinarle a quelle che avevano imprigionato San Pietro nel carcere Mamertino e avvenne il prodigio che le catene si fusero fra loro.

Sono considerate delle reliquie importanti per questo la chiesa è meta di molti pellegrini.

Non di meno nella visita della chiesa  di San Pietro in Vincoli si può ammirare una delle opere più celebri di Michelangelo: il Mosè


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San Cipriano

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Se la storia di Eudocia si presenta come eccezionale, non lo è di meno la storia di San Cipriano che lei ci ha raccontato, un’opera in poesia che è l’unica sua produzione, a parte qualche frammento, che ci è pervenuta.

La Storia di San Cipriano è  pubblicata  da Adelphi  ( Piccola Biblioteca 541 )

Il testo non è stato tramandato nella sua interezza: la parte iniziale, rinvenuta e pubblicata solo nel 1982 è stata ricongiunta a quella centrale, a stampa sin dalla metà dell’ottocento.

Il curatore del libro Claudio Bevegni così presenta il libro nel retro copertina:

Istruito nei misteri della religione pagana in Grecia, Cipriano intraprende, fra il III e il IV secolo, un itinerario sapienziale che lo porta in Oriente, in Egitto e a Babilonia.

Diventato mago e teurgo – ed entrato in contatto con Satana in persona, che lo < prende in simpatia> per il vasto sapere da lui acquisito - , si reca ad Antiochia in Siria, dove mette le sue arti al servizio del male. Qui  il giovane Aglaide, ricco e vizioso, si rivolge a lui perché lo aiuti a sedurre la pia Giusta, di cui è follemente invaghito. Ma a nulla varranno tutti i tentativi di Cipriano, e persino l’intervento dello stesso Satana, cui egli fa appello, sarà neutralizzato dalla ferma fede in Cristo di Giusta. Deluso e sgomento,  Cipriano rinnega allora il Maligno, si converte al Cristianesimo e diventa in seguito vescovo, per subire infine il martirio con Giusta, da lui fatta diaconessa e ribattezzata Giustina. Non è difficile intravedere nell’antico mago che si allea con il diavolo i tratti delle varie incarnazioni del moderno Faust – dalla prima comparsa letteraria, nel1587, ai drammi di Marlowe e poi di Goethe. Così come non è difficile farsi sedurre dalla versione poetica che Eudocia, dotta e anticonformista imperatrice d’Oriente del V secolo, diede alla storia di san Cipriano. Un poemetto in esametri omerici in cui il pastiche linguistico, governato con maestria e raffinatezza, trova una specchio nel sincretismo letterario e culturale che informa l’intera opera. Dove epos e inografia, poesia magica e oracolare, astrologia e allegorismo, gnosticismo e neoplatonismo si armonizzano, facendo una delle creazioni più fascinose dell’antichità al tramonto.


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